LORENZO DE’ MEDICI, 1448-1492

POSTED IN classic poetry June 21, 2013

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LORENZO DE’ MEDICI
Sonetto I
I saw my Lady by a purling brook
With laughing maidens, where green branches twined;
O never since that primal, passionate look
Have I beheld her face so soft and kind.
Hence for a space my yearning was content
And my sad soul some consolation knew;
Alas, my heart remained although I went,
And constantly my pain and sorrow grew.
    Early the sun sank down in western skies
And left the earth to woeful hours obscure,
Afar my sun hath also veiled her ray;
Upon the mind first bliss most heavily lies,
How short a while all mortal joys endure,
But not so soon doth memory pass away.

Sonetto II
How every hope of ours is raised in vain,
How spoiled the plans we laid so fair and well,
How ignorance throughout the earth doth reign,
Death, who is mistress of us all, can tell.
In song and dance and jest some pass their days,
Some vow their talents unto gentle arts,
Some hold the world in scorn and all its ways.
Some hide the impulses that move their hearts.
    Vain thoughts and wishes, cares of every kind
Greatly upon this erring earth prevail
In various presence after nature’s lore;
Fortune doth fashion with inconstant mind,
All things are transient here below and frail.
Death only standeth fast for evermore.

Sonetto III

O leave, Cithera, thy beloved isle,
O leave thy gentle kingdom, come away
And rest, O goddess, by this rill awhile
That sprinkleth every tender green grass spray.
Come to this shady place, to this soft breeze
Awaking murmurous music in each tree,
To songs of mating birds, sweet-tuned to please,
O let this country thine elected be!
   And, if thou seek these limpid streams one day,
O bring thy darling son along with thee,
Because as yet this earth ignores his fame;
Steal from Diana her chaste nymphs away,
Who go untrammelled now and danger-free,
Scorning the puissant virtue of Love’s name.

Trionfo

Youth is sweet and well
But doth speed away!
Let who will be gay,
To-morrow, none can tell.
   Bacchus and his Fair,
Contented with their fate,
Chase both time and care,
Loving soon and late;
High and low estate
With the nymphs at play;
Let who will be gay,
To-morrow, none can tell.
   Laughing satyrs all
Set a hundred snares,
Lovelorn dryads fall
In them unawares:
105 Glad with wine, in pairs
They dance the hours away:
Let who will be gay,
To-morrow, none can tell.
   Not unwillingly
Were these nymphs deceived:
From Love do but flee
Graceless hearts aggrieved:
Deceivers and deceived
Together wend their way.
Let who will be gay,
To-morrow, none can tell.
    Fat Silenus nears
On an ass astride:
Full of wine and years,
Come and see him ride:
He lolls from side to side
But gleefully alway:
Let who will be gay,
To-morrow, none can tell.
   Midas following,
Turneth all to gold:
What can treasure bring
To a heart that’s cold?
And what joy unfold
For who thirsteth, pray?
Let who will be gay,
To-morrow, none can tell.
   Ears be very bold,
Count not on to-morrow:
Let both young and old,
Lads and lassies, borrow
Joy and banish sorrow.
Doleful thoughts and grey:
107 Let who will be gay,
To-morrow, none can tell.
    Lads and lassies all,
Love and Bacchus Hail!
Dance and song befall!
Pain and sadness fail!
Tender hearts prevail,
Happen then what may!
Let who will be gay,
To-morrow, none can tell.
   Youth is sweet and well
But doth speed away.

Canzone a ballo

Let him who is no lover
Go hence and seek another
Floor on which to dance,
He merits not good chance!
   Be there one who knows not Love,
Let him hasten from this place,
For that heart is poor in grace
Which fond ardours doth not prove.
Be there one whose fires burn low,
Let him breathe on them, and so
They blaze again, he need not go!
   Love presideth o’er this feast,
Those who serve him gather round.
Be there one by envy bound,
Take he leave, for thus at least
He will go and not be chased!
Only those whom Love hath graced
In so sweet a bower are placed.
   Be there one who is ashamed
Of loving, let her ponder fair
109 And she will soon become aware
To love is to be nobly famed;
For love all homage doth deserve;
Ingratitude doth shame reserve.
   Be there one perchance so vile
As to flee away for fright,
Let her understand aright,
No such coward fancies wile
In gentle hearts! Nature doth bring
Us beauty; foolish ’twere to fling.
Away the roses of the spring!

LORENZO DE’ MEDICI
Sonetto I

Vidi madonna sopra un fresco rio
tra verdi frondi e liete donne starsi;
tal che dalla prima ora in qua che io arsi
mai vidi il viso suo più bello e pio.
Questo contentò in parte il mio desio,
e all’ alma diè cagion di consolarsi;
ma poi, partendo, il cor vidi restarsi;
crebbon vie più i pensier e ’l dolor mio.
   Chè già il sole inchinava all’ occidente,
e lasciava la terra ombrosa e oscura;
onde il mio sole l’ ascose in altra parte.
Fe’ il primo ben più trista assai la mente:
ah quanto poco al mondo ogni ben dura!
ma il rimembrar si tosto non si parte.

Sonetto II
Quanto sia vana ogni speranza nostra,
quanto fallace ciaschedun disegno,
quanto sia il mondo d’ ignoranza pregno
la meastra del tutto, morte, il mostra.
Altri si vive in canti e ’n balli e ’n giostra;
altri a cosa gentil muove lo ingegno;
altri il mondo ha e le sue cose a sdegno;
altri quel che dentro ha, fuor non dimostra.
   Vane cure e pensier, diverse sorte
per la diversità che dà natura,
si vede ciascun tempo al mondo errante:
ogni cosa è fugace e poco dura;
tanto fortuna al mondo è mal costante:
sola sta ferma, e sempre dura, morte.

Sonetto III

Lascia l’ isola tua tanto diletta,
lascia il tuo regno delicato e bello,
Ciprigna dea, e vien sopra il ruscello
che bagna la minuta e verde erbetta.
Viene a quest’ ombra ed alla dolce auretta
che fa mormoreggiar ogni arbuscello,
a’ canti dolci d’ amoroso augello;
questa da te per patria sia eletta.
   E se tu vien tra quest chiare linfe,
sia teco il tuo amato e caro figlio;
chè qui non si conosce il suo valore.
Togli a Diana le sue caste ninfe,
che sciolte or vanno e senz’ alcun periglio,
poco pressando la virtù d’ Amore.

Trionfo

Quant’ é bella giovinezza
che si fugge tuttavia!
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’ è certezza.
   Quest’ è Bacco e Arianna,
belli, e l’ un dell’ altro ardenti;
perchè ’l tempo fugge e ’nganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe e altre genti
sono allegre tuttavia:
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’ è certezza.
   Questi lieti satiretti
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento aguati:
104 or, da Bacco riscaldati,
ballan, saltan tuttavia;
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’ è certezza.
   Queste ninfe hanno ancor caro
da loro essere ingannate:
non puon far a Amor riparo
se non genti rozze e ’ngrate:
ora insieme mescolate
fanno festa tuttavia:
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’ è certezza.
   Questa soma, che vien dreto
sopra l’ asino, è Sileno:
cosi vecchio è ebbro e lieto,
già di carne e d’ anni pieno:
se no può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia:
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’ è certezza.
   Mida vien dopo costoro:
ciò che tocca, oro diventa:
e che giova aver tesoro,
poichè l’ uom non si contenta?
che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’ è certezza.
   Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi siam, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi;
facciam festa tutavia:
106 chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’ è certezza.
   Donne e giovanetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
ciascun suoni, balli e canti!
arda di dolcezza il core!
non fatica, non dolore!
quel c’ ha esser convien sia;
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’ è certezza.
   Quant’ è bella giovinezza
che si fugge tuttavia.

Canzone a ballo

Chi non è innamorato
esca di questo ballo,
che saria fallo a stare in sì bel lato.
   Se alcuno è qui che non conosca amore,
parta di questo loco;
perch’ esser non potria mai gentil core
chi non sente quel foco;
se alcun ne sente poco,
sì le sue fiamme accenda
che ognun lo intenda, e non sarà scacciato.
   Amore in mezzo a questo ballo stia,
e chi gli è servo intorno.
E se alcuno ha sospetto o gelosia,
non faccia qui soggiorno;
se non, farebbe storno.
Ognun ci s’ innamori,
o esca fuor del loco tanto ornato.
   Se alcuna per vergogna si ritiene
di non s’ innamorare,
vergognerassi, s’ ella pensa bene
108 più tosto a non lo fare;
non è vergogna amara
chi di servire agogna;
saria vergogna a chi gli fusse ingrato.
   Se alcuna ce ne fussi tanto vile,
che lassi per paura;
pensi bene, che un core alto e gentile
queste cose non cura:
non ha dato natura
tanta bellezza a voi
acciò che poi sia il tempo mal usato.

by Lorenzo de Medici

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